Senza titolo - 2024
Senza titolo, ma con un esergo tratto dal bel libro di Cristina Eléni Kontoglou, Semiotica notturna (Pequod edizioni), cioè
e io non tocco con i piedi,/ non distinguo dove finisce. /È una condensa raffreddata /che brucia le pareti. /È qui che il bronzo si fa argento.
Due parole in aggiunta sono nella rubrica 'Semiosis', "Semiotica notturna" in cui Cristina Eléni Kontoglou dialoga con gli artisti sulle opere create per i versi della silloge:
Laureata in filologia moderna con una tesi su Carlo Dossi, artista toscana e didattica dell'arte, Ballati partecipa a numerose mostre, laboratori e iniziative culturali nel territorio tra Toscana ed Emilia Romagna, fonda nel 2016 UrsaMaior, associazione culturale che si occupa di editoria.
A Ginevra Ballati ho rivolto tre domande:
1. Qual' è la tua semiotica notturna personale, inclusi segni e simboli ricorrenti che comunicano oltre le apparenze?
"La mia rosa di segni ricorrenti tende a variare nel tempo, cioè a trasformarsi pur mantenendo grossomodo la stessa costellazione di significati. Se dovessi indicarne qualcuno dell'ultimo periodo, diciamo un quinquennio, direi la scala, la porta, la stella e la freccia. Sono tutti segni con una polarità doppia: positivo/negativo, diurno/notturno."
2. In che modo i versi scelti risuonano con la tua dimensione privata?
"I versi che ho scelto provengono da Bronzo, uno dei testi della serie sui metalli (e io non tocco con i piedi,/ non distinguo dove finisce. /È una condensa raffreddata /che brucia le pareti. /È qui che il bronzo si fa argento.). Mi è cara come lirica perché densa di materiali, colori, consistenze imprendibili, colte sul punto di rarefazione. Metalli resi quasi volatili. Rispecchia bene il sistema alchemico che intride tutto il libro."
3. Parliamo di Alchemia. Nel tuo immaginario esiste una componente onirica importante, come nel libro la metropoli immaginata è costituita da immagini e città esistenti, riunite in un archetipo urbano, lo stesso processo alchemico avviene nei tuoi disegni, dove elementi riconoscibili nel reale si ricombinano e associano per dare vita a una nuova realtà simbolica. Come avviene questa rivisitazione e combinazione?
"L'arte che mi interessa frequentare, sia da osservatrice che da artefice, è sempre arte polisemica. Non meccanicamente combinatoria, perché con le formule al massimo si arriva al divertimento, ma portatrice sana di ambiguità. È un'arte che abita tra due spazi familiari: partecipa di entrambi ma non si esaurisce in essi, si sporge verso le zone del dubbio e della rivelazione, come del resto tendono a fare gli archetipi quando sono ancora vivi. Credo che questo possa avvenire in momenti peculiari in cui elementi del nostro portato personale si attivano in risposta a segnali provenienti dal Fuori - esperienze, suggestioni, eventi della storia grande e di quella piccola-. In alcuni casi felici queste sollecitazioni diventano opere (e qui la lapis è in forma d'uovo) che riescono a trasmettere parte di questa energia a chi guarda, attivando effettivamente trasformazioni imprevedibili."